TRIBUNALE DI TERAMO: Banca condannata a RESTITUIRE OLTRE EURO 2.000.000

una Società per Azioni della provincia di Teramo è stata risarcita dalla banca dell’importo di Euro 2.208.914 per oneri illegittimi pagati a fronte di un conto corrente intrattenuto per 10 anni e chiuso nel 2009.

Tutti gli interessi, le commissioni e le spese indebitamente corrisposte alla banca nel corso della vita del conto corrente sono stati restituiti all’azienda.

È quanto ha stabilito il Tribunale di Teramo, con Sentenza n. 561 del 28-04-2016. La pronuncia ha completamente ribaltato la pretesa di pagamento di Euro 1.045.895,90 inizialmente avanzata dalla banca mediante decreto ingiuntivo, derivante dal saldo negativo al momento della chiusura del conto.

La Società si è opposta in giudizio, chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo perché infondato e, in via riconvenzionale, la restituzione di tutto quanto indebitamente percepito dalla banca a titolo di interessi illegittimi.

Il conto corrente non risultava regolato da apposito contratto di apertura contenente le condizioni economiche da applicare in corso di rapporto. Di conseguenza, tutti gli interessi ultra-legali ed anatocistici, oltre alle commissioni di massimo scoperto, le spese e le valute sono risultati indeterminati in quanto mai specificamente pattuiti tra le parti.

Pertanto il Giudice non solo ha dichiarato non dovuti gli Euro 1.045.895 ingiunti dalla banca, ma ha condannato l’istituto di credito al rimborso di Euro 1.163.018,29 in favore del cliente. L’azienda ha dunque potuto beneficiare della restituzione di complessivi Euro 2.208.914 oltre interessi legali.
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OPPOSIZIONE AL DECRETO INGIUNTIVO (Cassazione, n. 14887/2014): LA BANCA DEVE PROVARE E DIMOSTRARE DI AVERE UN CREDITO NEI CONFRONTI DEL CLIENTE.

Ordinanza della Corte di Cassazione, n. 14887/2014, depositata il 1° Luglio 2014: ha confermato il principio per cui spetta alla banca l’onere di provare il credito vantato nei confronti del cliente.

Se la banca notifica al proprio cliente un decreto ingiuntivo, per uno scoperto sul conto corrente e il cliente propone opposizione, l’istituto di credito per far valere le proprie ragioni deve non solo produrre i singoli estratti conto ma deve anche dimostrare di averli comunicati, di volta in volta, al correntista in modo di consentirgli di contestarli.

Per legge, infatti, il correntista ha tempo 60 giorni, dalla ricezione dell’estratto conto, per impugnare gli importi ivi indicati.

Infatti, nel caso di specie la banca aveva notificato al proprio cliente un decreto ingiuntivo per lo scoperto sul conto corrente e quest’ultimo aveva proposto opposizione davanti al tribunale.

I motivi dell’opposizione risiedevano nell’avvenuta applicazione da parte della banca di tassi usurari, conteggi inesatti e anatocismo, tali da causare delle perdite per il cliente.

Secondo il giudice, la banca, che forma ed emette gli estratti conto periodici, ha il dovere di dimostrare, producendo in giudizio gli stessi, che il saldo iniziale negativo sia legittimo e corretto e non, viceversa, frutto dell’illegittima applicazione di usura, capitalizzazione degli interessi passivi e di altre voci non dovute.

Quindi, qualora in relazione a un rapporto di conto corrente bancario, venga accertato il diritto del cliente alla restituzione delle somme pagate indebitamente,la banca è tenuta a produrre gli estratti conto dall’inizio del rapporto ed a dimostrare di averli comunicati di volta in volta al correntista: altrimenti, si deve ritenere che il saldo iniziale del conto sia pari a zero.

E’ utile al cliente sapere che in prima battuta la banca può ottenere il decreto ingiuntivo producendo solamente il documento cosiddetto “saldaconto”; tuttavia, in seguito, nell’eventuale giudizio di opposizione promosso dal correntista l’istituto non può più limitarsi a richiamare tale documento, ma deve dimostrare, con ulteriori elementi, che la sua pretesa è fondata.

Sinteticamente le prove che la banca deve produrre per far valere il suo credito nei confronti del cliente sono:

1. il contratto di conto corrente;

2. tutti gli estratti conto emessi durante il rapporto – che certificano in dettaglio le movimentazioni debitorie e creditorie intervenute dall’ultimo saldo contabile, e le condizioni attive e passive praticate dalla banca al cliente. (E hanno dunque una valenza probatoria ben più forte del saldaconto);

3. la dimostrazione che, nel corso del rapporto di conto corrente, la banca ha, di volta in volta, comunicato tali estratti conto al cliente, in modo che quest’ultimo abbia avuto un resoconto costante delle voci della documentazione contabile.

La banca, in quanto soggetto professionale, ha l’obbligo di adempiere le proprie obbligazioni con la diligenza qualificata di cui all’art. 1176, comma 2, c.c., e per tale ragione  appare  ragionevole richiedere alla banca stessa la conservazione di tutti gli estratti conto (che essa stessa forma).

L’obbligo decennale di conservazione delle scritture contabili (art. 2220 c.c.) nei rapporti bancari in conto corrente non è sufficiente a sottrarre la banca dall’onere della prova piena del credito vantato anche per il periodo ulteriore.

In tema di onere della prova, infatti, proprio ai sensi dell’art. 2697 c.c., l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava sempre su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, anche quando, come nel caso in commento, sia convenuto in un giudizio di accertamento negativo (opposizione a decreto ingiuntivo).

In tale controversia pertanto è indifferente che la causa sia instaurata dal debitore, con un’azione di accertamento negativo, perché restano a carico del creditore le conseguenze della mancata dimostrazione degli elementi costitutivi delle sue pretese.

In definitiva, è sempre l’istituto di credito ad avere l’onere della prova, e al correntista basterà contestare gli interessi sul conto per obbligare la banca alla prova contraria.

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